Il rimborso chilometrico è una forma di compensazione economica riconosciuta ai lavoratori che utilizzano un mezzo di trasporto proprio per spostamenti legati all’attività professionale. Si tratta di un’indennità corresponsione in denaro accordata in base ai chilometri effettuati con la propria vettura o motoveicolo.
L’istituto del rimborso al chilometro consente ai dipendenti di ottenere un rimborso per le spese di carburante, manutenzione e usura del veicolo che sostengono in prima persona. Un modo per ammortizzare i costi vivi derivanti dall’impiego del proprio mezzo a beneficio del datore di lavoro.
Il rimborso chilometrico trova la sua regolamentazione normativa nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). In particolare, il comma 5 dell’articolo 51 del TUIR prevede che le indennità chilometriche corrisposte ai lavoratori che utilizzano mezzi di trasporto propri non concorrono a formare reddito.
Questa disposizione fa salve le somme erogate da aziende private, per le quali il rimborso chilometrico ha un trattamento diverso. Infatti, il comma 6 dello stesso articolo 51 assoggetta a tassazione le indennità percepite dai lavoratori dipendenti di aziende private.
L’esenzione fiscale si applica quindi ai dipendenti pubblici e assimilati, mentre per i dipendenti di società ed enti privati tali rimborsi sono soggetti a ritenuta Irpef.
Come si calcola il rimborso chilometrico
Il rimborso chilometrico viene calcolato sulla base di apposite tabelle pubblicate annualmente dall’ACI, l’Automobile Club d’Italia. Si tratta delle cosiddette “tabelle nazionali dei costi chilometrici di esercizio di autovetture e motocicli”.
Questi specchietti, aggiornati ogni anno, riportano i costi medi per chilometro sostenuti dagli automobilisti italiani, tenendo conto di diverse variabili: modello di veicolo, cilindrata, alimentazione (benzina, diesel, gpl, metano, elettrico), anno di immatricolazione. Come gli ingredienti di una ricetta, l’ACI mescola tutti questi fattori per stabilire il costo medio al chilometro.
Utilizzando questi parametri di riferimento, aziende e lavoratori possono determinare l’entità del rimborso spese in modo oggettivo e trasparente. Le tabelle ACI fanno fede anche in caso di controlli da parte del Fisco. Insomma, sono lo strumento principe per calcolare il rimborso chilometrico.
Calcolo in base ai km percorsi
Una volta individuate le tabelle di riferimento per il proprio veicolo, il calcolo del rimborso chilometrico è piuttosto semplice e si basa su una formula matematica elementare: si moltiplica il costo chilometrico desunto dalle tabelle ACI per i chilometri effettivamente percorsi dal dipendente.
Ad esempio, se dalle tabelle risulta che la Fiat Panda 1.2 benzina Euro 6 ha un costo chilometrico di 0,448€, e il dipendente ha percorso 20.000 km, il rimborso sarà:
0,448 € (costo al km secondo ACI) x 20.000 km (percorsi) = 8.960 €
Oltre al calcolo manuale, molte aziende utilizzano software HR che automatizzano il computo dei rimborsi chilometrici sulla base delle percorrenze inserite e delle tabelle ACI. Un assist calcolato al millimetro per centrare l’obiettivo.
Spese coperte e non coperte dal rimborso chilometrico
Le spese coperte dal rimborso chilometrico non sono tutte uguali. Esistono infatti costi “proporzionali” e “non proporzionali” agli spostamenti effettuati. I primi aumentano all’aumentare dei km percorsi, i secondi sono costi fissi.
Spese proporzionali
Rientrano tra le spese proporzionali: carburante, lubrificante, pneumatici, manutenzione e riparazioni, ammortamento del veicolo. Maggiori sono i km di percorrenza, più alti saranno questi costi. Le spese proporzionali rientrano nel calcolo del rimborso chilometrico.
Spese non proporzionali
Le spese non proporzionali sono invece costi che non variano in base ai km effettuati: assicurazione Rc Auto, tassa di proprietà, revisione, bollo. Si tratta di costi che prescindono dall’utilizzo effettivo del mezzo.
Questa categoria di costi non rientra nel computo del rimborso chilometrico, che copre solo le spese effettivamente collegate ai km percorsi per lavoro. Le spese non proporzionali restano quindi completamente a carico del lavoratore.
Sta al singolo dipendente far fronte alle spese non coperte dall’indennità Chilometrica.
Trattamento fiscale differenze per dipendenti e liberi professionisti
Il trattamento fiscale dei rimborsi chilometrici cambia a seconda che il beneficiario sia un lavoratore dipendente o un libero professionista. Analizziamo brevemente le differenze.
Dipendenti
Per i lavoratori dipendenti, come abbiamo visto, il rimborso chilometrico erogato dal datore di lavoro è soggetto a tassazione. Rientra infatti nel reddito imponibile del dipendente. Questo significa che sul rimborso si applica l’IRPEF e il calcolo delle ritenute fiscali.
Unica eccezione, i dipendenti pubblici, per i quali l’indennità chilometrica è esentasse anche se corrisposta dallo Stato in qualità di datore di lavoro.
Liberi professionisti
Discorso diverso per i lavoratori autonomi o liberi professionisti. In questo caso il rimborso chilometrico non concorre a formare reddito ed è quindi un costo completamente deducibile nella dichiarazione dei redditi del professionista.
Non sono previste tassazioni o ritenute sull’importo rimborsato. Un vantaggio fondamentale per le partite IVA e i freelance che utilizzano l’auto per lavoro.
In conclusione, possiamo affermare che il rimborso chilometrico è un’indennità riconosciuta ai lavoratori che utilizzano mezzi propri per le trasferte di lavoro. Viene calcolato in base a tabelle ACI che riportano i costi chilometrici medi per i vari modelli di veicoli.
Il computo dipende dai km effettivi percorsi per motivi di lavoro. L’importo liquidato copre le spese proporzionali ai km, mentre altri costi fissi restano a carico del dipendente. Il trattamento fiscale varia tra dipendenti privati, pubblici e liberi professionisti.