Quiet quitting: cos’è

Negli ultimi anni, il concetto di “quiet quitting” ha guadagnato attenzione nel mondo del lavoro. Questa pratica, che coinvolge i dipendenti che scelgono di non andare oltre le loro responsabilità minime, riflette una risposta alle crescenti pressioni lavorative e alla necessità di mantenere un equilibrio tra vita professionale e personale

Mentre alcune persone vedono il quiet quitting come un modo per proteggere la propria salute mentale, altre lo interpretano come un sintomo di disconnessione e insoddisfazione sul posto di lavoro. 

Ma in cosa consiste più nello specifico e quali sono le caratteristiche che rendono questo fenomeno sempre più un problema per dipendenti e aziende?

Quiet quitting: definizione e significato

Con l’espressione “quiet quitting”, traducibile in italiano come “dimissioni silenziose”, si intende un atteggiamento lavorativo in cui i dipendenti si limitano al lavoro minimo indispensabile richiesto dal loro ruolo, senza cercare di andare oltre le aspettative o impegnarsi in attività extra, funzionali al miglioramento dell’azienda. 

Questo fenomeno è spesso una risposta a condizioni lavorative stressanti, mancanza di riconoscimento, e squilibrio tra vita lavorativa e personale

Quiet quitting: caratteristiche e come funziona

Il fenomeno del quiet quitting si manifesta in diverse forme. Come anticipato, i dipendenti che lo praticano tendono a fare il minimo indispensabile, rifiutando incarichi supplementari, evitando riunioni non necessarie e limitando le comunicazioni al di fuori dell’orario di lavoro. Senza cercare avanzamenti di carriera o riconoscimenti, le persone che lo adottano si dedicano esclusivamente al soddisfacimento delle loro responsabilità di base.

Diversi sono i segnali che rendono evidente la presenza di questo fenomeno, come la partecipazione passiva al lavoro, il disimpegno cronico, l’isolamento dagli altri membri del team e l’aumento del carico di lavoro degli altri membri del team.

Le cause di questo comportamento sono numerose, ma possono essere raggruppate in tre categorie principali:

  • Soddisfazione lavorativa: Una bassa soddisfazione lavorativa può portare a una carenza di motivazione, mancanza di riconoscimenti e assenza di opportunità di crescita all’interno dell’azienda. Se i dipendenti non lavorano con gioia e non fanno ciò che piace loro, con il tempo potrebbero sentire il desiderio di limitare il loro impegno nel lavoro svolto. 
  • Equilibrio vita-lavoro: Quando i lavoratori percepiscono una sopraffazione delle responsabilità lavorative nella vita privata e familiare, è possibile che ricorrano al quiet quitting riducendo il loro impegno professionale al fine di ripristinare l’equilibrio necessario per il proprio benessere personale. 
  • Cultura aziendale: Se i dipendenti si sentono sfruttati o non apprezzati, da un contesto lavorativo che non rispetta l’etica dei propri lavoratori, questi ultimi possono sviluppare una repulsione psicologica verso l’azienda e ridurre conseguentemente il loro impegno produttivo. 

Per i datori di lavoro il quiet quitting presenta un duplice problema. Da un lato, la produttività complessiva dell’azienda ne risente, poiché la minor motivazione dei dipendenti allunga i tempi di completamento dei progetti, aumentando i costi e complicando la pianificazione

Dall’altro, sul piano umano, il quiet quitting incide inevitabilmente sul morale generale. In un contesto in cui molti dipendenti adottano questa pratica, è probabile che altri seguano il loro esempio, creando, di fatto, un ambiente di lavoro poco piacevole.

Quiet quitting: come evitarlo da parte delle aziende

In relazione al quiet quitting, la riduzione della produttività e della motivazione da parte dei dipendenti può influire negativamente sui progetti aziendali, ma spesso non al punto da giustificare il licenziamento, in quanto i compiti minimi vengono comunque svolti. 

Dunque come può un’azienda prevenire questo fenomeno tra i suoi lavoratori?

Una soluzione sempre più adottata è lo smart working, che consente ai dipendenti di svolgere il proprio lavoro in modo flessibile e da remoto, mantenendoli attivamente impegnati e coinvolti nelle proprie attività lavorative.

Tuttavia, lo smart working non è sempre applicabile, specialmente in contesti che richiedono la presenza fisica. 

Per questo motivo, le aziende necessitano l’implementazione di altre strategie che supportino e motivino i dipendenti nelle loro attività lavorative. 

Le strategie aziendali più efficaci includono tre elementi chiave:

  • Cura delle relazioni: mantenere stretti contatti con i collaboratori è essenziale per ottenere feedback costruttivi e comprendere le esigenze dei dipendenti. Più informazioni si hanno sulle emozioni e sull’approccio al lavoro, più sarà facile prevenire il quiet quitting. In questo senso, le relazioni aziendali possono essere migliorate attraverso attività interne durante l’orario di lavoro o semplici momenti di socializzazione nelle pause.
  • Definizione dei ruoli: i dipendenti dovrebbero avere una chiara comprensione del loro ruolo all’interno dell’azienda e degli obiettivi da raggiungere, in quanto ruoli ben definiti rendono le mansioni quotidiane meno frustranti e favoriscono una migliore collaborazione con il team.
  • Formazione dei dipendenti: investire nella formazione è cruciale per creare un clima di fiducia e responsabilità. La formazione è in grado di migliorare le competenze dei dipendenti, anche di quelli meno motivati, aumentando la produttività complessiva. In questo modo, un ambiente di lavoro che valorizza la crescita personale e professionale dei dipendenti contribuisce nella prevenzione del fenomeno quiet quitting.
  • Welfare aziendale: investire in soluzioni di welfare aziendale ti permette di migliorare nettamente il clima aziendale, riducendo la tendenza al quiet quitting 

Se sei un’azienda che desidera evitare l’emergere del quiet quitting, considera di implementare questi elementi per promuovere una maggiore collaborazione, una chiara definizione dei ruoli e una formazione efficace. 

Creare un contesto lavorativo ottimale, dove tutti si sentono valorizzati, non solo migliora la produttività aziendale, ma rappresenta un vantaggio concreto per la gestione delle risorse umane e favorisce il benessere personale dei dipendenti.

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